Assemblea in azienda

Avete mai partecipato ad un’assemblea aziendale? Qualcuno sì, qualcun altro no. Io sono più di vent’anni che assisto alle assemblee, e nella maggioranza delle volte la scena che osservo è sempre la stessa.

Le persone in prima fila sono totalmente prese dalle parole dell’oratore di turno, il che fa sorgere una domanda: sono veramente interessate e capiscono ogni parola che viene detta, o sono riuscite a dormire con gli occhi aperti? (non si nota un battito di ciglia), o peggio ancora, hanno gli auricolari nascosti dai capelli e si stanno ascoltando la loro playlist e ogni volta che annuiscono non è perché sono d’accordo con quanto viene detto, ma perché tengono il ritmo della canzone?

Le persone subito dietro queste, sono relativamente attente, dico relativamente poiché ogni tanto si voltano a sussurrare qualcosa alla persona a fianco, ma contrariamente a quanto può sembrare, non è certo un commento a quello che stanno ascoltando, bensì una parte della loro conversazione che è iniziata molto prima dell’assemblea.

Dalle file centrali alle ultime le attività sono le più disparate: chi gioca con il tablet, chi messaggia sul cellulare, chi, addirittura, tiene una propria assemblea per affermare che tutto ciò che sta raccontando “Tizio” non corrisponde a verità, perché la persona in questione è sempre più informata, anche di coloro che tengono queste assemblee per professione; c’è chi ha un impellente bisogno di recarsi ai distributori automatici almeno venti volte in un’ora, chi riceve telefonate con tanto di suonerie “discoteca style” a tutto volume (nelle ore di lavoro non si potrebbe avere il telefono acceso, quindi perché ti fai chiamare a quest’ora?) e, ai bei tempi che furono, quando io ero ancora apprendista, c’erano i gruppetti che si facevano la loro bella partita a briscola o chi pensava alla manicure, all’uncinetto, al ricamo, alla gazzetta dello sport… Insomma ce n’è per tutti i gusti!

Tutte queste attività, chiamiamole “alternative”, non sempre sono dovute allo scarso interesse dei partecipanti al tema dell’assemblea, almeno non di tutti. A volte ci troviamo di fronte ad oratori che con poche parole ti mettono al tappeto, non perché abbiano motivazioni ed argomenti talmente forti da lasciarti “ko”, ma perché il loro tono è altamente soporifero,ne ho sentiti parecchi partire con un tono vivace, squillante, per poi affievolirsi  fino a diventare una cantilena; altri che, sopraffatti dalla timidezza, e parlare davanti ad una platea non è cosa da tutti (io non riuscirei mai), prima di iniziare il discorso, dicono almeno trecento “scusate”, sottovoce però, nel timore di venire ascoltati; altri, che sono una buona percentuale, parlare solo ed esclusivamente il “politichese”, gergo incomprensibile ad ogni orecchio lavoratore.

Rare volte il pubblico, l’assemblea stessa, si è trovato di fronte a qualcuno che parlava in modo chiaro, senza tanti giri di parole, senza termini incomprensibili, quelle volte, l’assemblea sì che è stata partecipata, vissuta, compresa appieno, sì che ha dato i suoi frutti.

Adesso quei ricordi fanno sorridere, fanno dire -Bei tempi- se osserviamo da spettatori gli atteggiamenti delle nuove generazioni…e mi spiace pure, per questi poveri cristi, che arrivano la mattina presto, prima dell’orario d’ufficio e si trovano davanti ad un pubblico di ingrati senza un briciolo di rispetto, non ce ne vogliano, ma a volte non ce la facciamo proprio…

Sono quasi sicura che qualcuno di voi si è ritrovato a sorridere leggendo queste righe.

Buon Sabato.

Autobus

Di notteCredo di essere una delle poche donne che hanno conseguito la patente di guida, ma non ne fanno uso. Non mi va di guidare, forse perché quando ero ragazza avevo sempre tutto comodo, casa e lavoro distavano meno di un chilometro l’una dall’altro, il capolinea degli autobus era a due passi e l’autobus che portava in centro città passava ogni quindici minuti. Da lì il mio totale disinteresse per l’utilizzo dell’auto per i miei spostamenti. Quando poi mi sono sposata ed ho lasciato la città per un paese limitrofo, ho avuto la fortuna di finire di nuovo in vicinanza di un capolinea autobus,  con la linea che collega direttamente la mia casa con il mio luogo di lavoro. Che fortuna!

In tutti questi anni da “pendolare” oltre ad aver imparato a menadito gli orari di tantissimi autobus, sia estivi che invernali, sia feriali che festivi, ho cominciato ad osservare i passeggeri abituali, quelli occasionali, quelli “furbetti”, quelli che -Adesso le spiego io come fare…-, i diversi conducenti, perché no?!, ma altresì i vari tragitti, le case, i negozi, in diverse ore del giorno, all’alba, al pomeriggio, di sera.

La parte più bella è passare in prossimità di condomìni quando fuori è buio, sembra di stare a teatro o davanti ad una di quelle gigantesche case delle bambole, Ogni finestra una stanza diversa, ogni finestra illuminata una scena diversa, che cosa starà cucinando quella mamma?, magari invece è una sposina fresca di matrimonio che sta mettendo in atto gli insegnamenti della mamma, in quest’altra sala stanno guardando la tv, film, partita di calcio, telegiornale?. La fantasia si scatena quando stai con il naso incollato al finestrino, con la speranza di non sentire i pettegolezzi della solita domestica ficcanaso, sono immagini che ti passano davanti in un istante, come tante fotografie scattate alla rinfusa. E’ come avere davanti un multischermo e controllare contemporaneamente più trasmissioni. Puoi persino immaginare i dialoghi se vedi qualcuno all’interno della stanza.

Quando poi si è nel periodo natalizio è tutto un gioco di luci: chi le sceglie sobrie, magari bianche o blu e chi mille colori, senza contare i Babbi Natale che si arrampicano da ogni parte. Più un condominio è grande, più luminarie si vedono e tutte diverse.

Poi ci sono i bar: in inverno gente frettolosa che addirittura non spegne nemmeno l’auto, le luci sono basse, forse per non svegliare i clienti ancora assonnati, pochi sono seduti a tavolino a leggere il giornale; in estate cambia tutto, gli avventori sono svegli, chiacchierano a gruppetti fuori dal bar, si sa, in estate si sta meglio fuori all’alba, a godersi quei pochi istanti di fresco, bevono il caffè seduti ai tavolini sfogliando la Gazzetta dello sport o il quotidiano locale. La maggior parte sono operai, manovali, meccanici… un’ora dopo è il turno delle mamme e dei papà che si trovano per un caffè in compagnia dopo aver accompagnato a scuola i figli e che si accingono a raggiungere uffici, negozi ecc. Se passi con l’autobus verso l’ora di pranzo, ti capita di intravedere qualcuno che si concede un aperitivo, o che consuma uno spuntino veloce, perché ha tempi ristretti. Stessa cosa al pomeriggio e la sera.

I piazzali dei supermercati deserti di prima mattina, sono pieni di auto al pomeriggio e la sera e all’interno è un intrecciarsi di carrelli in un continuo via vai da una corsia all’altra.

Nelle giornate soleggiate e limpide si vedono le montagne, a volte cariche di neve, che sembrano tanto vicine da poterle raggiungere con una semplice passeggiata.

Tutto questo e molto altro si nota, si immagina in venti minuti di tragitto casa-lavoro, lavoro-casa, tanto che a volte mi viene da pensare: chissà se c’è chi, in questo momento, vede l’autobus che passa e si immagina storie sui passeggeri che lo affollano, osservandolo come in un gigantesco plastico con case, palazzi, negozi, automobili…

Chissà. Voi cosa ne dite?

Libri Sotto i Portici

Libri sotto i Portici

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Con la prima domenica di febbraio è arrivato anche l’appuntamento con “Libri sotto i portici”  a Castel Goffredo (MN). Evento che, per chi ama i libri come li amiamo noi, è una vera e propria calamita.

Ci siamo stati più di una volta e mai, sottolineo mai, una volta siamo tornati a casa a mani vuote. Puoi partire da casa con la tua bella lista di libri, ma una volta arrivata là, trovi libri che ormai avevi del tutto dimenticato, libri che non avresti mai pensato di vedere su una bancarella e ahimè, libri che hai comprato giusto una settimana fa, pagandoli a prezzo pieno, come mi è capitato stamani.

E’ veramente una grandissima libreria en plen air, con le bancarelle che seguono il porticato della piazza, soluzione che le rende accessibili anche in giornate di pioggia come questa.

Siamo tornati a casa con due borse cariche di libri, Matilde ha depennato quasi tutti i titoli della sua lista e anche noi siamo stati soddisfatti.

E’ una gioia per gli occhi poter sfogliare qualche libro antico, una gioia sentire l’odore delle pagine ingiallite. Arrivederci a Marzo, nell’attesa cominciamo un nuovo elenco…

A ciascuno il suo

Quando ho iniziato questo blog, ho parlato di sorelle che creavano gioielli e lavori a maglia, delle loro figlie che si occupavano di patchwork, di amiche che si dilettavano di decoupage e colleghe che realizzavano lavori con le perline.

E’ proprio di una di queste che vi voglio parlare oggi. Lei è Barbara, collega di lavoro da ben vent… beh, da tantissimi anni e naturalmente amica. E’ stata la prima a leggere i miei post e continua a seguirmi e darmi il suo appoggio. Voglio parlare di lei perché ha un vero talento per i lavori che richiedono una pazienza infinita.

Esegue lavori con perline, dalle decorazioni per l’albero di Natale, a segnaposti, portatovaglioli, portachiavi e persino bomboniere (ha infatti realizzato quelle per la comunione di Matilde);

portatovaglioliportachiaviBomboniera

 

 

ai lavori con le perline accosta particolari realizzati in panno, come ad esempio questi pensierini realizzati per le nascite di maschietti e femminucce.

nascitanascitanascita

 

 

 

Altra sua specialità sono le piante realizzate con le calze di nylon che tinge personalmente per ottenere colori dalle mille sfumature. Orchidee, rose, margherite, stelle di Natale, girasoli sono in bella mostra sulla sua pagina Facebook.

girasoli

Perché ho scritto un post su di lei? Perché sono felice che un’amica possa coronare un suo sogno, dal mese di marzo comincerà ad esporre i suoi lavori, “ultra richiesti”, al mercato dell’artigianato che si tiene ogni prima domenica del mese, in una delle più belle piazze del nostro Paese: piazza Sordello a Mantova. Il mercato sarà attivo dalle 9,30 fino alle 19,30 circa.

Due streghe e un pezzetto sarà là con lei (ogni tanto), per darle un po’ del sostegno che lei ha sempre dato a me e per cogliere l’occasione di scattare foto e magari scrivere qualche nuovo post.

Non ho parlato di prezzi, perché questo non vuole essere un post pubblicitario, anche perché il lato economico non mi riguarda, ma detto fra noi, si fa pagare a volte troppo poco per il lavoro che realizza ed il tempo che vi dedica.

Ho scritto perché merita davvero, che la sua pazienza e la sua costanza  vengano in qualche modo riconosciute; non sono in grado di aiutarla manualmente, faccio quello che mi viene più facile: scrivo.

A ciascuno il suo… hobby.

In bocca al lupo Barbara, in questo nuovo capitolo della tua vita!

Scelte al bivio

BivioCom’è difficile, a volte, scegliere per altre persone. Anche se quelle persone sono i nostri figli, per i quali cerchiamo sempre il meglio di ogni cosa.

Nel mio post precedente avevo parlato dell’opportunità per Matilde di frequentare il Giococamp organizzato dalla scuola: una settimana all’insegna dello sport e del divertimento.

Sia io che mio marito siamo stati molto combattuti sulla scelta da operare; mandare Matilde, sapendo che un’esperienza lontano dai genitori è un’opportunità di crescita, o non mandarla e darle la possibilità di finire l’anno di danza con il saggio finale?! Ci siamo trovati ad un bivio.

Ho provato a visualizzare i pro e i contro della scelta; andare al Camp significa imparare a convivere con persone che non hanno le nostre stesse abitudini, imparare ad essere responsabili del nostro comportamento, nei confronti delle nostre cose, della nostra persona; non andare significa portare a termine un impegno preso ad agosto, quello della scuola di danza che tanto ci piace, la scuola che ci dà la possibilità di frequentare stage, di partecipare anche a concorsi. Andare al Camp ci tiene lontani da mamma e papà per un’intera settimana, senza poter fare loro nemmeno una telefonata, in quanto i cellulari non sono ammessi e gli insegnanti non vogliono chiamate da parte dei genitori; andare a danza, soprattutto a giugno, quando il saggio è imminente, significa prove prolungate quasi ogni giorno, senza sabati e domeniche, corse casa-teatro teatro-casa nel giro di poche ore, cambi di orario improvvisi.

Pro e contro.

Ho provato a mettermi nei panni di Matilde e, oltre a scoprire che non fanno per me, in quanto alla sua età ero molto più “bambina”, mi sta stretta anche la definizione di amiche: adesso tra bambine c’è una cattiveria pazzesca; si usano. Una bambina/amica va bene finché ne traggono un “guadagno” personale, poi si passa ad un’altra, come in un circolo vizioso, perché le malcapitate, nel momento in cui vengono interpellate di nuovo, si illudono di essere state scelte come amiche preferite… e via di questo passo.

Ho pensato quindi a come potrebbe essere il soggiorno di mia figlia, basandomi sui resoconti delle mattinate a scuola: un disastro senza ombra di dubbio.

Ho pensato come sarebbe finire l’anno di danza senza essere nella coreografia finale, guardare le prove dei costumi di scena senza averne uno proprio, salutare il gruppo di danza moderna il giorno prima dello spettacolo, sapendo di dover partire il giorno dopo e di non poter salire sul palco…

Abbiamo messo Matilde di fronte a tutte queste perplessità, si è dimostrata parecchio matura (a mio avviso), ha deciso di stare qui e fare il saggio di danza (ah, non l’ho detto, coinciderebbe proprio con la data di partenza),partecipare a qualche altro stage con qualche altro insegnante famoso e con il gruppo affiatato che si è creato.

Forse posso sembrare una mamma iperprotettiva, ma posso assicurare che non è così; una tra le tante motivazioni, che mi hanno fatto decidere di non mandare Matilde al Camp, è stata una parte della presentazione che ci ha fatto la docente incaricata, all’assemblea di giovedì scorso. La professoressa, docente di educazione fisica, ha illustrato il programma di questo Camp, la giornata tipo che avranno i bambini ed ha insistito parecchio sui termini competizione, gara squadre, punti…

Tutto il soggiorno è una continua gara, per il posto a tavola, per rifare i letti al mattino, per riordinare, per le attività pomeridiane. Tutto si svolge a squadre e per ogni cosa si guadagnano o si perdono punti. Adesso, io non sono contraria ai giochi a squadre, alle gare, ma che tutta la vita debba essere improntata sul fatto di vincere o perdere, questo no.

Mi hanno sempre insegnato che l’importante è partecipare, che l’importante è dare il meglio di sé, non arrivare sempre primi. Non voglio che mia figlia diventi un’adulta che discrimina le persone, dividendole in vincenti e perdenti. Voglio che impari a scoprire il valore di una persona non dall’ordine di arrivo, ma dalle qualità che dimostra di avere; voglio che impari a rispettare le persone e non a calpestarle per “superarle”, solo così si guadagnerà il rispetto e la stima degli altri.

Non è stata una scelta facile, perché abbiamo pensato anche di essere troppo severi, ma la serenità che si è dipinta sul volto di Matilde, quando ho comunicato la sua assenza al camp, mi ha fatto capire che forse lei sarebbe andata per non darci un dispiacere, per non deluderci.

Cara, grande, grandissima donnina mia.

Camp Estivo

imagesCAI3THASSiamo arrivati ormai all’ultimo anno di scuola primaria per Matilde, a settembre inizierà la nuova avventura delle scuole medie, com’è volato il tempo.

Da qualche anno a questa parte, nel nostro Comprensivo, c’è l’usanza di fare un soggiorno in una località di mare, per salutare i ragazzi che lasciano la scuola primaria. E’ una settimana all’insegna dello sport e del divertimento, anche se credo non mancheranno i battibecchi, non riescono a stare dieci minuti filati senza litigare (almeno per quanto riguarda le “signorine”); il tutto sotto l’occhio vigile degli insegnanti che li hanno accompagnati in questi cinque anni.

Inutile aggiungere che l’entusiasmo è alle stelle; si stanno già formando i gruppetti per l’occupazione delle stanze, la possibilità di convivere per diverse notti è elettrizzante. Che valigia uso? Che cosa mi metto? Sono le domande che ho già sentito più di una volta nell’arco di pochi giorni, ma la domanda che ci assilla è: mandarla o non mandarla?

Matilde è abituata ad ottimizzare spazi, vivendo una buona parte dell’estate in camper, sa che lo spazio a disposizione di ognuno è limitato e non è certo quello di casa, dove ha una stanza tutta per sé. La cosa che ci preoccupa maggiormente è che non è mai stata via da casa senza di noi; solo una volta, ma era con gli zii, praticamente in famiglia. Il camp non sarà proprio dietro l’angolo, l’anno scorso è stato in Abruzzo, quindi non vorrei che una volta arrivata là si facesse venire nostalgia di casa.

Abbiamo cercato di farle capire che non sarà proprio come andare a dormire una notte a casa di un’amica, non come stare a scuola cinque ore e poi rivedere la mamma e il papà: sarà con i compagni per sette giorni; ovviamente da parte sua è tutto semplicissimo, l’unico quesito che si è posta è stato: ci lasceranno un po’ di tempo libero per giocare, no?! All’apparenza è la cosa più semplice del mondo, siamo noi genitori che ci facciamo un sacco di problemi, il che in parte potrà anche essere vero, ma i dubbi e i timori sono tanti e non li definirei proprio infondati.

…e se, una volta arrivata là, litiga con qualcuno e ci tocca prendere l’auto e farci cinquecento chilometri per recuperarla perché è in crisi?… nononono no… non ci voglio pensare…

Forse mi sto fasciando la testa prima di essermela rotta, aspettiamo l’assemblea e poi decideremo. Sarà dura convincermi che mi sto sbagliando…

(immagine presa dalla rete)

 

Cosa non faremmo per i figli…

imagesCAJM6HI2Vi sembra una cosa normale andare al lavoro con febbre, tosse e raffreddore solo per far sì che la settimana di vostra figlia scorra senza intoppi? Cosa non faremmo per i figli…

Andiamo con ordine: domenica scorsa ho cominciato ad accusare i primi segnali di un raffreddore con i fiocchi, il naso che sembrava un rubinetto rotto, occhi lucidi, dolori ovunque come se fossi passata sotto uno schiacciasassi, la conclusione ideale per un weekend. Me ne sono andata a letto alle otto, lasciando marito e figlia a tavola.

Lunedì mattina, dopo una notte praticamente insonne, alzarsi è stato un vero trauma: neanche avessi dormito in ginocchio sul balcone! Le gambe mi facevano male persino a raddizzarle, figuriamoci poi a camminare; la febbre che mi diceva -Eccomi, sono arrivata- ed io, da pazza quale sono, mi sono preparata per andare al lavoro. Tutto questo perché?

La scorsa settimana, Matilde ha espresso il desiderio di partecipare ad uno stage di danza contemporanea con Carl Portal (“Amici”), che si terrà sabato e domenica prossimi. Anche se un po’ riluttanti, abbiamo acconsentito; era al settimo cielo quando ha aggiunto il suo nome alla lista dei partecipanti, insieme ai suoi compagni di corso; il nostro unico timore a quel punto era che si beccasse l’influenza proprio in quei giorni.

Lei no, la mamma sì! Restano comunque gli impegni della settimana e, se non bastasse, si è aggiunta al tutto l’assemblea dei genitori per l’iscrizione alle scuole medie. Io da brava “supermamma”  ho fatto del mio meglio, ho fatto amicizia con Paracetamolo e Gocce per la tosse e tutti insieme siamo arrivati a venerdì sera. Domani è il grande giorno!

Domani alle 16 in punto vedrò mia figlia realizzare il suo desiderio e chi se ne importa se avrò con me quindici pacchetti di fazzoletti perché il naso non smette di colare?! Se avrò bevuto l’ennesima tachipirina… I suoi occhi luccicanti ed il suo sorriso faranno dimenticare ogni cosa.

Cosa non faremmo per i figli…

 

Voglia di primavera

20160112_164031Il cielo limpido, il sole splendente, siamo già in primavera? Se non fosse per il vento freddo, lo si potrebbe pensare. Ieri è stata una giornata pessima, piovosa, da augurarsi di non dover uscire di casa, ma oggi veniva voglia di passeggiare, di sedersi su una panchina con il viso al sole. Oppure di fare una giterella.

Un paio di giorni fa, con un tempo simile ad oggi, mi sembrava capitato “a fagiolo” un post visto su Facebook che parlava del Parco dei Mostri di Bomarzo, in provincia di Viterbo. Ne ho parlato con mio marito, anche a lui queste giornate hanno fatto desiderare di andare da qualche parte in camper, così ci siamo, anzi si è messo alla ricerca su Internet di questo parco. Bomarzo_Monster[1]

Questa foto (che ho trovato in rete) è un po’ inquietante, ma davvero non vedo l’ora di visitarlo; il parco dovrebbe risalire addirittura al millecinquecento. Mi fa pensare al Giardino dei Tarocchi in Toscana, che abbiamo visitato quando la streghetta era ancora piccola, anche se qui mancano i colori e gli specchi.

Adesso aspettiamo solo che si presentino le giornate adatte per partire, intanto continueremo nella ricerca di altri siti interessanti e curiosi da visitare.

 

 

 

 

 

Mail

Mi  capita spesso di gironzolare su internet guardando e leggendo blog sui più disparati argomenti, qualcuno lo seguo, o ne ricevo le newsletter.

Ieri ho preso il coraggio a due mani e… no, molto meglio dire che la mia impulsività ha preso il sopravvento ed ho scritto una mail all’autrice di un blog che seguo da un po’ di tempo. Che cosa ci posso fare, fin dalla prima volta che sono capitata su quel blog ho sentito, non so come dirlo,  che eravamo in qualche modo vicine. Non come stile, io ho molto da imparare, ma in quello che è la nostra vita quotidiana; ogni volta che leggo uno dei suoi post mi ritrovo a pensare “anche per me è così”, riesce a dire alla perfezione quello che io riesco solo a pensare.

Beh, mi sono messa alla tastiera ed ho scritto, poche righe in verità, non volevo sembrare invadente. Sinceramente pensavo che avrebbe ignorato la mia mail, quindi mi sono messa il cuore in pace (non senza essermi data della stupida almeno un centinaio di volte) e mi sono dedicata al mio sabato di shopping.

Durante il tragitto sull’autobus che ci riportava a casa dalla città, ho visto la mail; la blogger che seguo mi aveva risposto! E’ stato davvero bello leggere le sue parole incoraggianti, mi ha fatto un grandissimo piacere e resto fermamente convinta che il mio intuito non ha sbagliato.

Indovinasse così anche per le amicizie…

Perché a volte ci ritroviamo ad esprimerci meglio con chi non conosciamo, ma con cui sentiamo di avere molto in comune e non con le persone che noi stesse abbiamo scelto come amici, compagni…?

Io credo al destino, tutto accade con uno scopo ben preciso e con tempi calcolati, di cui noi siamo gli ignari destinatari. Forse sarà parte del mio essere sognatrice?

 

Normalità e nebbia

Bentornata normalità. Finite le feste si ricomincia a ragionare, adesso un sabato è un sabato e la settimana è lavorativa. Mi spiego: ieri mattina sono uscita di casa come al solito alle sette meno dieci per recarmi al lavoro e, benchè avvolta dalla nebbia fosse poco visibile, la pensilina degli autobus era pressochè vuota; mi sono chiesta come mai? al martedì ci sono diversi ragazzi… già, avevo scambiato il venerdì con il martedì; l’Epifania tutte le feste porta via, ma anche il mio senso dell’orientamento in fatto di giorni.

Perciò, stamattina che marito e figlia sono rispettivamente al lavoro e a scuola ed io sono qui che mi ritaglio qualche momento “tutto per me”…evviva, siamo tornati alla normalità! Oggi è sabato! (e sono sicura di non sbagliare).

Bene, una volta salutati i due sopracitati e sbrigate le prime faccende, mi sono concessa una tazza di caffè davanti al pc: cosa scriviamo oggi? Scriviamo di ieri.

Ieri mattina come ho già detto, ci siamo svegliati nella nebbia, come succede ormai da un mese circa; so quanto possa essere pericolosa per chi viaggia in auto, soprattutto quando è molto fitta (come ieri appunto), ma mentre aspettavo l’autobus non ho potuto fare a meno di pensare che la nebbia mi dava l’opportunità di restare nel mondo dei sogni.

Mi spiego meglio, quando ci si trova in mezzo alla nebbia, si sentono i rumori attutiti o non se ne sentono affatto,  si intravedono le sagome di ciò che ci circonda e noi stessi, per chi ci è distante, siamo indistinguibili; quindi se abbiamo lasciato il letto con un sogno interrotto sul più bello, perchè non continuarlo?! ad occhi aperti s’intende.

Tutto quello che mi circonda svanisce: i ragazzini con i loro auricolari, che è come se non li avessero, dato che la musica è sempre a tutto volume; le “pettegole” (eh sì) che se ne vanno al lavoro criticando chi gliene dà; gli eterni insoddisfatti dei servizi pubblici che si lamentano trecentosessantacinque giorni all’anno dei ritardi degli autobus, anche se sono loro a non memorizzare gli orari (ma questa è un’altra storia); le “ochette” che si sentono grandi perchè è il primo anno che prendono l’autobus da sole e continuano a ridacchiare in modo isterico; tutto scompare. Io resto lì avvolta dal mantello dell’invisibilità e osservo, penso, sogno. Oserei dire che mi sento quasi protetta, i miei pensieri come anche la mia espressione, sono al sicuro. Il tempo sembra rallentato, fermo; la luce cambia lentamente,soprattutto in questi giorni d’inverno.

La nebbia ci offre la possibilità di restare soli in mezzo alla folla, quasi invisibili. Soli con noi stessi.

Guardi fuori dal finestrino dell’autobus e cosa vedi? Il nulla. Il viaggio, che non dura più di venti-venticinque minuti, sembra infinito.

Per arrivare in città, devo attraversare i laghi e se appena c’è un po’ di luce è fantastico, l’autobus sembra viaggiare su questo ponte sospeso sul “nulla” diretto verso il “nulla”.

Così sono arrivata al lavoro con la testa ancora un po’ tra le nuvole, o meglio tra i banchi di nebbia.

Questo non vuol dire che adori la nebbia, anzi, sono in pensiero per chi è per strada, per chi si deve spostare a piedi, per chi non può evitare di uscire di casa, ma quando non ci sono pericoli in agguato, la nebbia mi piace, proprio come la neve.

Adesso però devo chiudere la mia parentesi tonda e aprire la graffa della normalità: lavare, spazzare e cucinare. Che cosa si mangia oggi?