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Si torna a viaggiare

Tutte le famiglie, e la nostra non costituisce certo un’eccezione, hanno i loro problemi, grandi o piccoli che siano. Problemi, intoppi, imprevisti, impedimenti, possiamo chiamarli come ci pare, sta di fatto che i nostri impegni si spostano, le abitudini cambiano e la normale routine viene stravolta.

Dopo le vacanze estive dello scorso anno le nostre uscite del fine settimana si erano ridotte di parecchio. Un po’ per i motivi elencati qui sopra e un po’ perché il nostro equipaggio è aumentato di un’unità: è arrivata Chloe, la nostra piccola gatta nera.

Così, piano piano, un passo alla volta, abbiamo iniziato a portarla in camper, dapprima molto vicini a casa e poi un po’ più in là, prima una notte, poi due, poi tre… La prima volta ci ha lasciati dubbiosi, piangeva, non voleva stare nel trasportino, non voleva il guinzaglio… tolto tutto e presa sulle ginocchia non ha più fiatato.

Per Pasqua la nostra meta è stata dapprima Castel Del Rio, in provincia di Bologna, un paesino piccolissimo consigliato da una rivista di turismo itinerante, il cui ponte ci ha lasciati senza parole e senza fiato dopo la salita, tanta era la pendenza. Nel Medioevo era l’unico ingresso per il paese e al suo interno si trovavano i posti di guardia per il pagamento del pedaggio; noi pensavamo a quei poveri animali che dovevano trainare i carri colmi di merce su per quel ponte…

Ci siamo poi diretti verso Ravenna, dove ci siamo fermati per poter visitare comodamente la città, temporali permettendo.

La città è una delle mete tradizionali delle gite scolastiche, credo che ognuno di noi sia stato almeno una volta a Ravenna, ma tornarci (come in altre città d’arte, del resto) non è mai monotono, i mosaici del Mausoleo di Galla Placidia, Sant’Apollinare Nuovo, la Basilica di San Vitale, il Mausoleo di Teodorico, la tomba di Dante Alighieri… si rivedono ogni volta con occhi diversi.

Torniamo a noi, siamo arrivati al ponte lungo del 25 Aprile, tenuta Matilde a casa da scuola (sì, perché mai una volta che le fermate scolastiche coincidano con le nostre ferie), siamo partiti sabato mattina con l’intenzione (almeno da parte mia) di raggiungere la Toscana, magari la Maremma, per una vacanza più che altro gastronomica, poi al papà è venuta un’idea:- Perché non andiamo verso Poppi, Stia, dove è stato girato “Il Ciclone”?-, eh beh, sempre Toscana era… Prima tappa: Stia (AR)

Trovata l’area di sosta comunale, con tanto di elettricità e completamente gratuita, dopo un pranzo in camper ci siamo avviati verso il paese.

Vedere la piazza e immaginare di trovarsi all’interno del film, sentendo addirittura le musiche in sottofondo è inevitabile, almeno per chi, come noi, ha vissuto quegli anni con la stessa età dei protagonisti.

Una passeggiata, una piccola sosta in una bottega che vende prodotti tipici e poi di ritorno alla base; l’area sosta sorge lungo il corso dell’Arno, e in questa zona hanno aperto uno di quei “parchi avventura”, quelli in cui bambini e non possono arrampicarsi sugli alberi e fare percorsi con le funi, i ponti di corda… è ancora un periodo tranquillo, ci si ferma per la notte e l’indomani si parte con meta: Poppi.

La giornata non era delle migliori, faceva addirittura freddino, per fortuna la pioggia ci ha risparmiati.

Il Castello di Poppi merita assolutamente una visita, solo per l’immenso cortile d’ingresso, con le scalinate che facevano un po’ pensare a “Hogwarts”, non so perché ma mi davano l’idea di potersi muovere da un momento all’altro.

Poi le sale, le scuderie che adesso ospitano esposizioni artistiche, la sala d’armi che è diventata il bookshop del castello (peccato!) e quella che resterà scolpita nella mia memoria molto, ma molto a lungo, la biblioteca del castello. Senza fiato. Manoscritti sotto vetro, le cui illustrazioni, fatte rigorosamente a mano, sembravano poter uscire dalle pesanti pagine ingiallite. Uno spettacolo per gli occhi, il cuore e l’anima, per quanto mi riguarda. Un profondo senso di rigore, disciplina, severità era ciò che respiravo, provando anche un’immensa gratitudine davanti a tanta cultura custodita nei secoli.

Una volta usciti dal castello, anche la nostra parte di turisti enogastronomici si è fatta sentire, abbiamo perciò cercato un locale che possibilmente proponesse piatti tipici.

Abbiamo trovato “L’antica Cantina” dove abbiamo potuto gustare, tra le altre cose, taglierini con spugnole e tagliata di chianina.

Per la sera ci siamo spostati in direzione Laterina, zona in cui si trova il casolare della famiglia del film, ma alle coordinate per l’area di sosta corrispondeva un ristorante, quindi non ci siamo fermati e abbiamo preferito proseguire per Lucignano, un altro piccolo paesino che si è rivelato un ottimo fuori programma.

La prima cosa bella è stata l’area di sosta (foto di apertura), ampia e praticamente deserta, per di più gratuita, con attacco per elettricità; da qui si saliva a piedi per circa 500m e si era già ad una delle porte del paese, il cui centro storico risale al Medioevo.

Abbiamo percorso vicoli fatti di gradini, in salita e in discesa, abbiamo curiosato nei negozietti e ovviamente comprato i prodotti tipici della toscana, con i quali abbiamo pranzato all’aperto, al sole come tre lucertole.

Ci siamo talmente rilassati che, anziché partire per un’altra destinazione, ci siamo fermati anche per la seconda notte e il mattino dopo, non senza aver fatto scorta di pane sciocco, formaggi e salumi, siamo ritornati sulla strada di casa.

Il “rodaggio” di Chloe si è quasi concluso, ha sonnecchiato durante i vari spostamenti e  anche durante il viaggio di ritorno, senza miagolii spaventati e ipersudorazione.

Adesso si torna a viaggiare.

Alla prossima.

 

 

 

 

 

25 Aprile in camper

RacconigiSiamo partiti venerdì 22 di pomeriggio, facendo saltare a Matilde il sabato scolastico. Direzione Racconigi per visitare una delle tante dimore reali (dei Savoia) sparse per il nostro Paese. Essendo giorno lavorativo, l’autostrada era parecchio trafficata e dopo le 17 sono aumentati notevolmente i camper, soprattutto in direzione opposta alla nostra; il traffico era comunque scorrevole, non ci sono stati rallentamenti, né code. Siamo arrivati a Racconigi dopo le 19 e l’area camper era deserta, non sorvegliata, abbiamo quindi deciso di spostarci ad Alba, non vicinissima, ma pur sempre una zona che conosciamo abbastanza bene, il parcheggio/area è vicinissimo al centro città e per fortuna i camper presenti erano ancora pochi, al sabato ci sarebbe stata l’inaugurazione di “Vinum” fiera dei vini piemontesi, molto interessante.

Dopo aver sistemato il camper per la notte, vicino ad un altro di “rumorosi” ottantenni, come si sono scherzosamente definiti, siamo andati in centro decisi a cenare al ristorante, avevo un bisogno urgente di “battuto all’albese” che, per chi non ne fosse a conoscenza è carne di fassona, battuta a coltello fino diventare vellutata purea, condita con sale, pepe e olio d’oliva, che anche ad un non amante della carne cruda potrebbe piacere molto.

Così ho pregato Sandro (mio marito e papà della streghetta) di andare al “Vigin Mudest”, ma mi ha ricordato che avevamo anche un altro locale da provare,???, ok, vada per questo, ma essendo stracolmo, c’era da aspettare. Per principio non amo restare ad osservare la gente che cena con la speranza che se ne vadano in fretta, ma quando poi il titolare alla nostra legittima domanda,se avremmo dovuto attendere molto, ha risposto con un:” C’è da aspettare, punto.” Ho alzato i tacchi e me ne sono andata, con tutta la cattiveria che avevo, ho pensato:” Ciccio, io i soldini li ho, sei tu che hai bisogno che io te li lasci, io mangio anche in camper!”, così ce ne siamo andati, non senza avergli consigliato di imparare l’educazione, indovinate un po’? al Vigin Mudest, che con nostra sorpresa ha cambiato gestione ed è diventato L’Inedito Vigin Mudest.

Il locale è stato completamente riarredato ed è stato aperto il piano inferiore, sotto il livello stradale che lascia visibile una parte di muro di epoca romana. Scegliamo neanche a dirlo, di cenare sotto, in una sorta di vecchia cantina; arrivano i menù: insalata di carne battuta all’albese con salsa al sedano, ravioli del plin burro e salvia, brasato al barolo, stinco di agnello e per finire, ravioli al cioccolato fondente con salsa alle fragole e semifreddo ai tre cioccolati con salsa alla menta; il tutto accompagnato da Dolcetto d’Alba e moscato per il dessert. Al momento del conto, invece del solito bicchierino di amaro, ci è stata offerta una zolletta di zucchero conservata in vasi ermetici con alcool e diversi aromi; per papà alla lavanda e per me arancia e cannella: una bomba, che ha lasciato però un sapore gradevolissimo, intenso e persistente, oltre che freschissimo.

Battuto all'albese

Una passeggiata fino al camper e poi pronti per la notte, in compagnia di una decina di nuovi camper che nel frattempo si sono aggiunti all’area di sosta.

La notte è trascorsa tranquilla, per essere un venerdì notte non c’era nessun via vai di auto.

Sabato mattina, da bravi turisti abbiamo fatto colazione in un bar/forno/pasticceria con cornetti e caffè, poi ci siamo recati al mercato contadino con l’intento di cercare il nostro banco preferito dei formaggi; qui abbiamo comprato delle vere e proprie delizie, formaggi di latte vaccino, di capra e di pecora, l’ultimo, una novità ci ha letteralmente lasciati a bocca aperta: un formaggio di pecora alle pere. Temo di non riuscire a spiegarmi bene, il formaggio non contiene pezzetti di pera, ma se lo si assapora chiudendo gli occhi si è presi dal dubbio di gustare una pera e non formaggio. Difficile rendere l’idea, ma la pasta è talmente vellutata e friabile che più si scioglie e più diventa profumata.

Finita la spesa al mercato, siamo tornati a Racconigi per visitare il castello e l’immenso parco di ben 170 ettari. Unica pecca: la guida non molto preparata.

Non sono laureata in storia dell’arte, ma non mi si può venire a dire che sul soffitto della galleria c’erano dei disegni, che forse sono stati cancellati con la calce per via di una probabile peste. Il soffitto era affrescato! Erano affreschi, non banalissimi disegni! Scusate, ma certe cose mi irritano parecchio, e questo era solo un esempio di quanto abbiamo dovuto ascoltare. Chiudiamo però questa parentesi per parlare del vero protagonista di questa giornata, il castello.

Favoloso è dir poco e, data la mia passione sfrenata per il cibo, indovinate un po’ quale parte mi è piaciuta immensamente?

Le cucine! Grandi, maestose, regali insomma. La sala (cucina) si trova al di sotto del palazzo, nel piano interrato, al centro troneggia una enorme stufa “economica”, diciamo l’equivalente di una cucina da ristorante odierno, solo con il funzionamento a legna, il resto della stanza è arredato con griglie, forni, madie, lavelli e ovunque è appeso il pentolame, rigorosamente in rame. Proseguendo nella visita alle cucine, si nota come esistessero locali riservati ad esempio alla pasticceria, alla preparazione della selvaggina e alla stagionatura dei salumi; i frigoriferi, se così possiamo chiamarli, erano addirittura protetti da cancellate chiuse a chiave. E poi ancora, ghiacciaie, cantine ed una stanza interamente rivestita di marmo predisposta per la macellazione.

La cucina del castello

Tutto il resto del castello è perfettamente arredato, la stanza da letto del re Vittorio Emanuele III è la copia esatta della cabina che il re e la regina avevano su un transatlantico (così almeno ci ha raccontato la guida), ogni camera da letto era seguita da un bagno. Poi gli alloggi per gli ospiti, ogni porta affacciata sul corridoio introduceva in un appartamento, la sala delle feste in marmo bianco e grigio affacciata sul grande piazzale retrostante e la scalinata che porta ad una balconata affacciata sulla sala da ballo.

castello di Racconigi

Usciti dal castello siamo passati sul retro, o meglio su quello che erroneamente avevamo creduto fosse la facciata posteriore del palazzo; da qui la vista dell’immenso parco, dal quale giungevano le carrozze che recavano a palazzo i reali o gli ospiti.

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Purtroppo le condizioni del parco sono pessime, come ci ha spiegato la guida che ci ha accompagnati in carrozza, a causa dei tagli del personale, in pratica non se ne occupa più nessuno, il grande prato è un mare di erbacce mezze secche. Sul fondo del parco un’ altra costruzione ci nasconde alla vista le serre, una vera opera d’arte, anche questa abbandonata al suo destino, infatti la mancanza di personale ha reso impossibile la coltivazione di alcunché. La passeggiata guidata in carrozza ci ha fornito scorci del parco e del castello, che passando a piedi difficilmente avremmo notato. Su una riva del laghetto notiamo una costruzione che, come ci viene spiegato, era una voliera, ospitava i piccioni viaggiatori usati per lo scambio di notizie, con il passare degli anni era rimasto un luogo per le passeggiate romantiche, immerso nel verde dei salici, davvero suggestivo.

Terminiamo il giro del parco e cerchiamo una meta per la notte.

La scelta cade su La Morra, dove abbiamo trovato un agricampeggio: una doccia come si deve non ce la toglie nessuno.

La Cascina del monastero è piu agriturismo che agricampeggio, ma abbiamo libera scelta sul punto di sosta e c’è soltanto un altro camper, di certo non ci sarà confusione.

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Cena e poi nanna, non si sente un’auto passare, in compenso lo stagno è più che abitato, rane su rane che gracidano giorno e notte, una piacevole ninnananna che può mutarsi in un vero e proprio incubo, se qualcuno si ferma ad ascoltare.

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Anche questa notte scorre tranquilla. La mattina è fresca e luminosa ed è davvero un peccato lasciare queste zone, soprattutto quando sai che a casa è stato un vero e proprio diluvio.

Ripartiamo alla volta di Nizza Monferrato, ci sistemiamo nell’area camper vicinissima al centro; dopo pranzo facciamo due passi, ma la cittadina è invasa da bancarelle di ogni sorta, ci sono anche quelle che, con nostro grande stupore, vendono animaletti (gerbilli, criceti russi, tartarughine d’acqua e persino cincillà); visitare la città diventa un problema, è troppo affollata, così torniamo al camper per la nostra ultima notte.

L’indomani mattina, con molta calma ci rimettiamo in viaggio verso casa.

Facciamo sosta a Cremona per il pranzo e anche per dare un’occhiata all’area di sosta, in vista di un prossimo week end appena fuori porta.

Rientriamo nel tardo pomeriggio. E’ stato un bel fine settimana, in una zona che conoscevamo, ma che avevamo sempre visto in autunno e che ci ha piacevolmente stupito per i tanti toni di verde intenso.

Alla prossima.

Gita a Bolsena

Lago di Bolsena

Rieccoci tornati a noi. Spero abbiate passato una Pasqua serena e con le persone che amate.

Quest’anno le nostre vacanze pasquali si sono svolte nell’alto Lazio, per la precisione a Bolsena. La località non ci era nuova, l’avevamo visitata anni fa, prima della nascita di Matilde; anche allora ci era piaciuta parecchio ed è per questo che abbiamo deciso di tornarci, per mostrarla alla streghetta.

Siamo partiti venerdì nel primo pomeriggio, dopo il mio rientro dal lavoro ed un pranzo veloce. Purtroppo si sa, nei giorni vicini alle festività il traffico è sempre intenso ed infatti abbiamo perso circa un’ora tra colonne e rallentamenti vari. Siamo arrivati all’uscita autostradale di Orvieto che il sole era già tramontato, il navigatore faceva le bizze e le strade erano completamente al buio. Non si vedeva niente, non sapevamo dove stavamo andando, stavamo facendo dei tornanti, quindi salivamo in montagna, ma, non dovevamo andare sul lago di Bolsena? Dopo l’ennesima curva a gomito finalmente è iniziata la discesa, a diversi crocevia avevamo visto le indicazioni per Bolsena che portavano da tutt’altra parte di dove ci stavamo dirigendo noi. Avevamo inserito le coordinate dell’agricampeggio, trovato per fortuna, quando con una telefonata (in via precauzionale) avevamo scoperto che l’area sosta era al completo già dal giovedì sera, il navigatore non poteva essere impazzito.

Alla fine siamo arrivati, l’agricampeggio era situato un po’ fuori, ma un sentiero che costeggiava il lago ci portava in centro con una passeggiata di una ventina di minuti.

Ci siamo sistemati per la notte, le piazzole per i camper sono davvero grandi, ombreggiate molto bene in estate e l’area offre elettricità, bagni, docce calde, oltre che servizio di scarico per i camper; ceniamo mentre ci guardiamo un vecchio film con Alberto Sordi “I due gondolieri (Venezia la luna e tu)”, poi tutti a nanna.

Il sabato si preannuncia fantastico, cielo azzurro sgombro da nubi e una temperatura mite che invoglia ad abbandonare felpe e maglioni; con molta calma ci incamminiamo verso la città, c’è un grande silenzio sul sentiero, in riva al lago troviamo un camper che ha pernottato lì, bellissimo panorama per il risveglio. Arriviamo alla via che dal lungolago porta al centro storico di Bolsena, un lungo viale costeggiato da piante secolari, con tronchi giganteschi. Un mercatino dell’artigianato ci da il benvenuto in città, cominciamo a fare compere, Matilde ha visto un braccialettino che le piace e ha deciso di spendere i suoi soldini per il souvenir in bigiotteria. Proseguiamo verso l’interno e prendiamo la salita verso il castello, l’orario di visita è continuato, decidiamo così di passarci dopo pranzo, scendiamo di nuovo e di trattoria in trattoria, ci fermiamo a guardare i menù proposti, c’è davvero l’imbarazzo della scelta, poi Matilde attira la nostra attenzione su una libreria/ osteria “La libr’osteria” appunto, qui si può mangiare e per ingannare l’attesa si può sfogliare, leggere uno dei numerosi libri esposti nella sala da pranzo: quelli all’ingresso invece sono in vendita.

libr'osteria

Ci accomodiamo e una signora molto gentile ci porta il menù: una lavagna con scritti i piatti del giorno, antipasti, primi, secondi, contorni, dolci… decidiamo così di ordinare due taglieri di salumi e formaggi tipici e io non ho resistito al richiamo dei broccoletti con la salsiccia, squisiti! Per non parlare poi del dolce una soffice mousse al cioccolato per Matilde ed una fetta di pastiera napoletana per noi (metà per uno).

Il tempo è volato, alle tre passate ci dirigiamo verso il castello, il biglietto d’ingresso ci da la possibilità di visitare il museo archeologico di Bolsena, il castello stesso con i camminamenti di ronda e l’acquario, che non offre pesci rari o tropicali da ammirare, ma pesci d’acqua dolce, la fauna ittica del Lago di Bolsena, quindi carpe, pesci gatto, lucci e girini, rane e tritoni. Bella idea un acquario così!

Finita la visita torniamo verso il lungolago, una breve sosta ai chioschetti per una bibita e poi prendiamo la direzione dell’agricampeggio, una foto al sole che sta tramontando sul lago e poi via di buon passo, ritorniamo al sentiero tra i canneti.

Tramonto

L’area si è riempita di camper, resta comunque tutto molto tranquillo; una doccia veloce e poi a cena! Camminare mette appetito e noi oggi abbiamo fatto più di dodicimila passi. Abbiamo una fame da lupi!

Domenica di Pasqua, la mattinata è serena, anche se non limpida come sabato, ci concediamo un aperitivo in piazza, seduti al sole con l’illusione di abbronzarci in pochi istanti; abbiamo prenotato per il pranzo all’Osteria del contadino, vicino alla fontana di San Rocco, è l’unico locale che non propone un menù fisso per oggi, non che i menù fissi non siano buoni, ma il fatto di non avere possibilità di scelta mi urta un po’, ho un caratteraccio, lo so.

All’una siamo accomodati a tavola, antipasto di salumi, ombrichelli cacio e pepe, grigliata di maiale e agnello scottadito con contorno di patate fritte (non precotte) e fagioli del purgatorio, che io pensavo piccantissimi, in realtà molto delicati; per dolce ci siamo lasciati tentare dalla panna cotta con pere e grappa e con mele e cannella.

Dopo pranzo ci attendono la Basilica di Santa Cristina e il miracolo dell’Eucarestia.

Il tempo sta cambiando, comincia ad annuvolarsi, in effetti le previsioni del tempo davano pioggia in serata e a quanto pare non sbagliavano; passiamo di volata nella norcineria vista in una piazzetta a comprare un po’ di salumi da portare a casa con noi e ci dirigiamo al sentiero che ci ricondurrà al nostro camper, è ancora presto, ci sediamo fuori a sorseggiare una birra nel più totale relax. Non sembrerebbe, ma anche oggi i nostri passi sono stati più di dodicimilasettecento.

Cena veloce guardando la tv, ultima sera di vacanza, domani si torna a casa. L’idea è di partire presto per evitare il caos del rientro. Non abbiamo fatto tutte le tappe che ci eravamo proposti, il Parco dei mostri, Civita la città che muore ma ci siamo fermati qui, anche papà si è rilassato, per tutto il resto c’è tempo, si faranno altre gite.

Lunedì, mattinata grigia, la notte come previsto ha piovuto, si riordina il camper e si parte, sono quasi le dieci, speriamo non ci sia molto traffico; anche questa festa se n’è andata e la nostra stagione camperistica è iniziata, non resta che programmare le prossime uscite.

Alla prossima

Autobus

Di notteCredo di essere una delle poche donne che hanno conseguito la patente di guida, ma non ne fanno uso. Non mi va di guidare, forse perché quando ero ragazza avevo sempre tutto comodo, casa e lavoro distavano meno di un chilometro l’una dall’altro, il capolinea degli autobus era a due passi e l’autobus che portava in centro città passava ogni quindici minuti. Da lì il mio totale disinteresse per l’utilizzo dell’auto per i miei spostamenti. Quando poi mi sono sposata ed ho lasciato la città per un paese limitrofo, ho avuto la fortuna di finire di nuovo in vicinanza di un capolinea autobus,  con la linea che collega direttamente la mia casa con il mio luogo di lavoro. Che fortuna!

In tutti questi anni da “pendolare” oltre ad aver imparato a menadito gli orari di tantissimi autobus, sia estivi che invernali, sia feriali che festivi, ho cominciato ad osservare i passeggeri abituali, quelli occasionali, quelli “furbetti”, quelli che -Adesso le spiego io come fare…-, i diversi conducenti, perché no?!, ma altresì i vari tragitti, le case, i negozi, in diverse ore del giorno, all’alba, al pomeriggio, di sera.

La parte più bella è passare in prossimità di condomìni quando fuori è buio, sembra di stare a teatro o davanti ad una di quelle gigantesche case delle bambole, Ogni finestra una stanza diversa, ogni finestra illuminata una scena diversa, che cosa starà cucinando quella mamma?, magari invece è una sposina fresca di matrimonio che sta mettendo in atto gli insegnamenti della mamma, in quest’altra sala stanno guardando la tv, film, partita di calcio, telegiornale?. La fantasia si scatena quando stai con il naso incollato al finestrino, con la speranza di non sentire i pettegolezzi della solita domestica ficcanaso, sono immagini che ti passano davanti in un istante, come tante fotografie scattate alla rinfusa. E’ come avere davanti un multischermo e controllare contemporaneamente più trasmissioni. Puoi persino immaginare i dialoghi se vedi qualcuno all’interno della stanza.

Quando poi si è nel periodo natalizio è tutto un gioco di luci: chi le sceglie sobrie, magari bianche o blu e chi mille colori, senza contare i Babbi Natale che si arrampicano da ogni parte. Più un condominio è grande, più luminarie si vedono e tutte diverse.

Poi ci sono i bar: in inverno gente frettolosa che addirittura non spegne nemmeno l’auto, le luci sono basse, forse per non svegliare i clienti ancora assonnati, pochi sono seduti a tavolino a leggere il giornale; in estate cambia tutto, gli avventori sono svegli, chiacchierano a gruppetti fuori dal bar, si sa, in estate si sta meglio fuori all’alba, a godersi quei pochi istanti di fresco, bevono il caffè seduti ai tavolini sfogliando la Gazzetta dello sport o il quotidiano locale. La maggior parte sono operai, manovali, meccanici… un’ora dopo è il turno delle mamme e dei papà che si trovano per un caffè in compagnia dopo aver accompagnato a scuola i figli e che si accingono a raggiungere uffici, negozi ecc. Se passi con l’autobus verso l’ora di pranzo, ti capita di intravedere qualcuno che si concede un aperitivo, o che consuma uno spuntino veloce, perché ha tempi ristretti. Stessa cosa al pomeriggio e la sera.

I piazzali dei supermercati deserti di prima mattina, sono pieni di auto al pomeriggio e la sera e all’interno è un intrecciarsi di carrelli in un continuo via vai da una corsia all’altra.

Nelle giornate soleggiate e limpide si vedono le montagne, a volte cariche di neve, che sembrano tanto vicine da poterle raggiungere con una semplice passeggiata.

Tutto questo e molto altro si nota, si immagina in venti minuti di tragitto casa-lavoro, lavoro-casa, tanto che a volte mi viene da pensare: chissà se c’è chi, in questo momento, vede l’autobus che passa e si immagina storie sui passeggeri che lo affollano, osservandolo come in un gigantesco plastico con case, palazzi, negozi, automobili…

Chissà. Voi cosa ne dite?