La cucina di Due streghe e un pezzetto -cucina e blog-

I blog di cucina sono i miei preferiti. Passerei intere giornate a leggere qua e là le ricette, suggerimenti e trucchetti del mestiere, e la giornata volerebbe dal momento che ogni blog ti reindirizza ad almeno altri dieci, se non di più, sullo stesso argomento. Così inizi con il blog A che segue i blog B e C i quali, a loro volta seguono D,E,F,G e via di questo passo….

Puntualmente parto cercando un’idea per un aperitivo e mi ritrovo con un pranzo completo, di cui mi sono anche stampata tutte le ricette, perché mi piace averle in cartaceo.

Non ho seguito corsi, cucino da quando ero bambina, imitando mia madre e cercando di ottenere i suoi risultati. Ho iniziato con le ricette della tradizione mantovana, per poi provare altre vie. Purtroppo cucinare non è la mia professione, così mi ci dedico soprattutto nei week end, quando posso osare tempi di cottura più lunghi.

Naturale che il primo istinto sia stato quello di aprire (si dice aprire?) un blog di cucina, ma ce ne sono a migliaia, anzi se contiamo anche quelli stranieri, a milioni, quante possibilità avrei avuto come cuoca dilettante? Così, come ben sapete ho cominciato a scrivere di tutto un po’, magari non ci saranno molti lettori perché non ho un tema specifico, ma poco importa, mi diverto a scrivere e questo mi rende felice.

Qualche tempo fa, avevo espresso l’intenzione di creare una sorta di rubrica all’interno del blog, dal titolo “La cucina di due streghe e un pezzetto”, idea poi accantonata perché non avevo ricevuto nessun commento né in positivo, né in negativo. Adesso però voglio riprovarci, forte dei “like” ricevuti dai miei piatti su Fuudly, da parte di persone che del blogging e della cucina ne hanno fatto una professione.

Andiamo ad incominciare, con l’intenzione di farlo diventare un appuntamento settimanale, e per questo primo incontro ho deciso di partire dalla fine, da quello che rimane alla fine di un pranzo: gli avanzi. Quando restano una forchettata di questo, un cucchiaio di quello e un pezzetto di quell’altro è sempre un dilemma, almeno per me; non ci si può pranzare in tre ed è un peccato, oltre che uno spreco, buttare il tutto. Così capita che a mezzogiorno, quando si tratta di “mangiare al volo” per gli impegni di Matilde, mi organizzi per riciclare gli avanzi nel modo che preferisco: farcendo un panino.

Panino svuotafrigo 1

Panino

Ed eccolo qua, un panino di farina di semola, farcito con guanciale di manzo brasato alla birra, mela Golden e Roquefort sbriciolato; il tutto insaporito dal sugo denso e cremoso del brasato.

Certo non è uno spuntino/pranzo/cena leggero, ma vi posso garantire che è tanto, tanto buono, da farvi dire -Quasi quasi ne mangerei ancora-, provate e fatemi sapere.

Alla prossima settimana.

 

Foglie cadute

11694991_921441451264507_4760885420974139673_n1Stamani Mantova si è svegliata avvolta da una nebbia leggera; quella nebbia che vela le cose ma non le cela, le avvolge piuttosto in un alone di mistero.

Sono uscita di casa presto, era ancora buio e, quando l’autobus è arrivato in centro città, anziché aspettare che ripartisse, vista la temperatura mite, sono scesa ed ho fatto a piedi l’ultimo tratto di strada per recarmi al lavoro. La strada costeggia un parco pubblico ed il marciapiede era cosparso di foglie, cadute un po’ per l’autunno e un po’ per la pioggia, di tante tonalità di giallo, dal giallo carico, caldo, intenso, al giallo più acido, quasi verde, qua e là qualche foglia rossa e qualcun’altra marrone interrompevano la macchia dorata. Qualche fogliolina si staccava ogni tanto e si posava a terra, andava silenziosamente a raggiungere le altre per completare il tappeto che di lì a qualche ora sarebbe stato spazzato via dagli operatori ecologici.

C’era ancora poco traffico, non passavano molte auto e riuscivo a sentire il rumore dei miei passi sulle foglie non completamente impregnate d’acqua, se solo avessi potuto chiudere gli occhi mentre avanzavo, senza rischiare di finire contro un palo dell’illuminazione pubblica, avrei potuto tranquillamente affermare di essere in un bosco, in montagna, sentivo il profumo della terra bagnata, degli alberi e non di smog, come spesso succede quando l’umidità è pesante come stamattina da sembrare pioggia; ho alzato lo sguardo verso il cielo, chissà forse con la segreta speranza di vedere i rami intrecciati degli alberi, ma era ancora piuttosto buio, sentivo solo le minuscole goccioline che cadevano sul viso e sugli occhi. Ero lì, a pochi metri dal mio posto di lavoro, eppure distante chilometri. Talmente distante che la strada sembrava non finire mai, eppure sono arrivata alla solita ora di ogni giorno, di ogni settimana… Ho aperto il grande cancello e sono entrata, lasciandomi alle spalle quel breve incontro a tu per tu con l’autunno inoltrato.

Immagine di R.Pietresato

 

 

 

 

Una nuova avventura

E’ davvero una bella avventura quella che attende Arianna, l’amica gemella di Matilde, che stamattina è partita alla volta di Vienna.

Andiamo con ordine, Matilde ed Arianna sono nate lo stesso giorno, alla stessa ora, con gli stessi giorni di ritardo sulla data del termine per il parto e sono uscite dalle sale parto nella stessa incubatrice che le avrebbe accompagnate alla nursery. Chi più gemelle di loro?

Anche noi genitori ci conoscevamo già, i papà per lavoro e noi mamme per tutte le volte che ci siamo incontrate in ospedale durante i monitoraggi eccetera; abbiamo anche la fortuna di abitare a trecento metri di distanza, nello stesso quartiere. Non è stato difficile far crescere insieme le due bambine, hanno frequentato lo stesso asilo nido, la stessa scuola d’infanzia, anche se non nella stessa classe, e la medesima scuola primaria.

Sembrerà strano, ma pur non essendo accomunate da nessuna parentela, men che meno da quella di fratellanza, le due bambine sono cresciute con quella simbiosi (se così si può chiamare) tipica dei gemelli.

La scelta di un paio di sandali, scarpe, di un determinato capo di abbigliamento, di un film da vedere, di un regalo da chiedere a Santa Lucia, la pizza da farsi portare a casa e, tra le altre infinite cose, l’attività da svolgere dopo la scuola sono sempre state, inspiegabilmente identiche.

Quando la stragrande maggioranza delle loro compagne aveva optato per pallavolo o ginnastica artistica, loro due, mosche bianche in mezzo alla conformità della moda, hanno scelto danza classica.

Le “gemelline”, come le abbiamo soprannominate, non hanno frequentato la stessa scuola di danza e, mentre Matilde, dopo tre anni ha deciso di passare dal classico al modern/contemporaneo, Ary è rimasta fedele al suo sogno, ha cambiato scuola ma sempre frequentando i corsi di danza classica.

La loro attività è andata di pari passo, per Matilde come attività sportiva, per Arianna come impegno vero e proprio. Le lezioni si sono moltiplicate e l’impegno richiesto era sempre maggiore. Tutti questo sacrifici, ore e ore alla sbarra, poco tempo per le amiche hanno dato però buoni frutti: lo scorso dicembre Arianna ha avuto la parte della protagonista ne “Lo Schiaccianoci”, pur essendo una delle allieve più giovani della sua scuola.

Ha partecipato alle audizioni per il Royal Ballet di Londra e per il Teatro dell’Opera di Vienna.

A Londra è stata ammessa ad uno stage di una settimana quest’estate, mentre all’Opera di Vienna… beh, è stata ammessa a frequentare l’Accademia di danza.

Così, tra mille pensieri, lo studio, la danza, la lingua ( diciamolo, non si parla molto dalle nostre parti il tedesco) sconosciuta, perché alla primaria si studia solo inglese, e il fatto di avere solo undici anni, Arianna si è preparata per questo grande giorno.

Saluti e baci alle amiche di sempre, stamattina la nostra stellina è partita.

In bocca al lupo Ary!

Siamo orgogliosi di te per il grande coraggio e siamo vicinissimi ai tuoi genitori che hanno assecondato il tuo più grande desiderio, rinunciando in parte a vederti crescere; l’età più difficile la trascorrerai lontana da mamma e papà, lontana dai luoghi che ti sono famigliari.

Ma questi genitori sono da ammirare, io non so se sarei proprio tranquilla sapendo mia figlia a chilometri di distanza, sapendo che ha solo undici anni.

E’ vero che è più che seguita, ha le giornate organizzate alla perfezione, ma il mio lato di mamma chioccia mi porta a sentire la mancanza della mia bambina. So per certo che anche la sua mamma ne soffre, ma questa è davvero una grande opportunità, se tutto andrà come ci auguriamo ci saranno portoni che si spalancheranno per lei, e se dovesse ripensarci avrà sempre l’affetto e l’appoggio delle amiche, prima fra tutte la sua gemella Matilde.

Perciò Arianna, spero di poter scrivere presto di te.

Un abbraccio, sii sempre coraggiosa così!

Vienna Opera

Amore ad ogni costo

Provenza“Amore ad ogni costo” perché?

Sono talmente tante le cose da scrivere dopo tutta questa estate passata in silenzio che devo riordinare le idee per cercare di organizzare qualche post futuro; ma l’idea di scrivere adesso è nata da un pensiero. Un pensiero che mi ha sfiorato guardando un film, passato sulla rete nazionale e rigorosamente registrato perché da bravi vecchietti, la sera andiamo a nanna con le galline.

“Un estate in Provenza” è un film francese di quest’anno, con regista (se non erro) e protagonista Luc Besson; il film narra la storia di due adolescenti e del fratellino più piccolo, sordo dalla nascita, che sono costretti a trascorrere la vacanze estive con i nonni nel sud della Francia, la vita non è certo quella di Parigi, e con il nonno c’è poco da scherzare, un tipo burbero che non ha contatti con l’unica figlia da anni.

Poco importa se a tagliare i ponti è stata la mamma dei ragazzi, per due adolescenti è più facile accusare un vecchio scorbutico, fino a doversi ricredere.

La storia parla di questi due genitori che si sono stabiliti in Provenza a coltivare ulivi (e come dargli torto?), ma inaspettatamente arrivano amici di vecchia data che riportano alla memoria la loro gioventù: gli anni settanta, gli Hippy, l’amore libero, l’uso smodato di droghe… non succederebbe nulla, se ad ascoltare non ci fossero anche i nipoti, che però sono incuriositi dalle storie raccontate.

Dopo varie vicende si assiste ad un avvicinamento tra il nonno e la nipote, ed è in questo momento che ho cominciato a pensare. La nipote è delusa da una faccenda di cuore e si lamenta con il nonno di non credere più all’amore, che per lei non sarà possibile avere un colpo di fulmine come è stato per loro; il nonno le confessa che il colpo di fulmine è stato solo da parte sua, perché la nonna in realtà amava un altro (che purtroppo non c’era più), suo fratello. Le confessa che hanno scoperto di amarsi solo tempo dopo, tant’è che sono ancora insieme dopo tanti anni. Le fa capire che non è la passione travolgente che dimostra il vero amore, non è la bellezza e nemmeno la giovinezza, sono il rispetto e la stima reciproca, nonché una buona dose di fiducia nell’altra persona. Le scelte che hanno fatto nella loro vita erano unanimi, nessuno dei due si sentiva oppresso, soggiogato dall’altro, hanno scelto di rifugiarsi in quello che è davvero un angolo di paradiso, di comune accordo.

Ed è stato qualche giorno dopo, pensando a coppie che si separano per incompatibilità, che ho confrontato il mio matrimonio con la storia di questi nonni (Galattici!). Sono giunta alla conclusione che ogni scelta che abbiamo fatto mio marito ed io, non è stata un tentativo di uno di assecondare l’altro; non ho accettato di fare le mie vacanze in moto perché lui già le faceva così, no, a me piaceva andare in moto; frequentiamo i mercatini dell’antiquariato perché entrambi amiamo gli oggetti del passato, abbiamo deciso di acquistare un camper perché tutti e due non amiamo orari imposti ed itinerari già segnati.

Ho pensato “a lui piaceva…” ma in fondo a me non dispiaceva affatto e mi sono convinta sempre più che quello che manca ai nostri ragazzi, non è tanto la voglia di stare con un’altra persona, quanto la pazienza e la voglia di scoprire che cos’hanno in comune veramente, con quella persona, che ha fatto scattare in loro la scintilla.

Noi abbiamo scelto questo modo di vivere non accontentandoci l’un altro, magari serbando del rancore ben celato, ma condividendo tutto quello che potevamo insieme, pian piano gli angoli si smussano e si prosegue il cammino in compagnia.

Amore ad ogni costo perché se l’amore è alla base di tutto, tutto si aggiusta e tutto si adatta, c’è un lato che fa al caso nostro in ogni cosa, in ogni situazione.

Sono romantica, melensa, sdolcinata… ma chi se ne importa! Evviva gli amori che affrontano le tempeste!

Buonanotte e buoni pensieri.

 

(l’immagine è presa dalla rete)

Liebster award 2016

 

Siamo state nominate per il Liebster award 2016! Doppio woww!

Che dire, siamo rimaste davvero senza parole. Il nostro grazie va a The little Gulliver on tour che molto carinamente ha pensato a noi.

La nostra è un’amicizia virtuale, nata dall’esigenza di voler iniziare un blog; ci siamo aiutate a vicenda ed ora, oltre alla passione per i viaggi in camper, condividiamo anche quella per la scrittura.

Il mio non è un blog a tema. Decisamente. Ma ogni cosa che vi leggerete scaturisce molto dal cuore e poco dalla ragione, sono un’impulsiva, che ci volete fare…

Non mi dilungo oltre e passo direttamente alle risposte:

1. Vi emoziona dire di più “Noi ci andremo” o “Noi ci siamo stati”?

Direi che il “Noi ci andremo” spalanca un’infinità di porte, dalla programmazione di un itinerario (di base), alla ricerca di curiosità, attrazioni, usi e costumi da scoprire, insieme ad una miriade di sogni ad occhi aperti. Per farla breve “non stiamo più nella pelle…” con tanto di conteggio alla rovescia dei giorni che mancano alla partenza.

2. Qual è il souvenir di viaggio più importante?

Quel ricordo che, anche a distanza di anni, continua ad essere vivo nella nostra memoria come se il viaggio si fosse concluso da pochi giorni, che si parli di paesaggio, monumento, cibo o gente conosciuta in viaggio.

3. Quali sono le fotografie di viaggio che più vi emozionano?

Sono le foto rubate, quelle che ci scattiamo mentre gli altri non guardano. Detesto le foto in posa, non hanno niente di spontaneo, naturale. E poi ci sono le foto degli spettacoli naturali, albe, tramonti, angoli di quiete. Ogni foto scattata è un istante di viaggio, è parte del percorso.

4.Come scegliete la prossima meta?

Facendo girare il mappamondo e fermandolo con un dito. Magari!

Scherzavo, in genere decidiamo la zona, e poi l’itinerario viene da sé.

5. Diario di viaggio cartaceo o digitale?

Cartaceo assolutamente. (poi salvato in digitale)

6. Quando è nata la passione per i viaggi?

Chi non ama viaggiare? Noi abbiamo iniziato in moto, con una Honda VFR800, uno spettacolo! Poi, dopo la nascita della streghetta ci siamo attrezzati con un camper, un vecchietto del 1999, ma in ottima forma.

7. Partire all’avventura o partire preparati?

In Italia è sicuramente meglio partire preparati, ma all’estero, e non dico agli antipodi, è bello fissare due o tre mete come riferimento, il resto viene da sé, ogni luogo in cui ci si ferma è una sorpresa.

8. Mare, Montagna o Città d’Arte?

Adoro le città d’arte, a partire dalla mia che quest’anno è Capitale Italiana della Cultura, se dipendesse da me ogni viaggio o gita sarebbe in una città da visitare in lungo e in largo, di sopra e di sotto, ma il fatto di essere una famiglia, significa assecondare i bisogni, le esigenze e i desideri di ogni membro. Quindi i fine settimana in particolare e le ferie di quest’anno ci hanno portato verso il mare.

9.Qual è la cosa, un particolare importante che non potete non fare durante un viaggio?

Essendo anche un’appassionata di cucina, non posso che rispondere “Assaggiare un piatto tipico”.

10. Quali sono secondo voi le 5 canzoni più belle che parlano di viaggi?

Qui sono in difficoltà, non sono tanto le canzoni che parlano di viaggi, che mi restano nel cuore, quanto quelle che mi fanno da colonna sonora durante un viaggio. Adoro “Take me home country road” di John Denver.

 

Ringrazio ancora “The Little Gulliver on Tour” e vorrei nominarlo a mia volta, ma mi rendo conto che è tardissimo, purtroppo a volte ci sono impegni che non ci lasciano un attimo di libertà.

Se il mio blog vi incuriosisce almeno un po’, seguiteci, ne saremo contente.

Due streghe e un pezzetto.

 

Colore in cucina

Colore in cucinaQualche settimana fa mi sono svegliata con la voglia di impastare il pane, attività che ho abbandonato da un po’ di tempo. Dato che nel dormiveglia del primo mattino, mi sono saltati in mente dei piccoli panini colorati, avrei voluto riprodurli, immaginando anche il loro aspetto e sapore.

Mi sono messa all’opera. Alla solita quantità di farina (300g divisi in due terrine), acqua (180ml) e lievito (1/2 cubetto) ho aggiunto, da una parte un cucchiaino di curcuma e uno di semi di cumino, dall’altra un cucchiaino di paprica dolce e uno di origano essiccato.

impasto paprika

impasto curcuma

Ho realizzato i due impasti, poi ho fatto le solite formine a spirale per lo stampo dei mini-muffin, e li ho lasciati lievitare nel forno scaldato a 50°C e poi spento.

Davvero belli, arancione uno e giallo intenso l’altro, una volta sistemati nello stampo sembravano più dei dolcetti che non dei bocconcini da buffet.

minimuffin

Dopo tre ore, ho scaldato il forno a 200°C e li ho fatti cuocere per 20’ circa. Quando ho notato che la superficie cominciava a prendere colore, li ho coperti con un foglio di alluminio, mi sarebbe spiaciuto rovinare il loro aspetto con una rosolatura indesiderata.

Tolti dal forno e fatti raffreddare su una griglia, hanno fatto bella figura sulla tavola apparecchiata. Sono davvero un’ottima idea per un buffet estivo, accompagnandoli con formaggi delicati, per esaltare al meglio il loro gusto speziato, danno anche una bella nota di colore.

interno

Ah, dimenticavo, nelle dosi non ho indicato il sale (1 cucchiaino) , lo zucchero (1 cucchiaino) e l’olio extra vergine d’oliva (1 cucchiaio).

Provate e lasciatemi le vostre impressioni.

Buon appetito!

Cielo grigio

cielo grigio

“Nel cielo grigio, compatto, quasi monotono di stamattina, comparivano qua e là pozzanghere di cielo, di un azzurro intenso profondo.
Ogni pozzanghera un azzurro diverso, fino a quel piccolo lago in cui immergersi per convincersi che tutte le giornate nascono belle.” (Duestregheeunpezzetto)

Stamattina mentre attendevo l’autobus, ormai deserto dopo la fine delle scuole, mi sono fermata ad osservare il cielo; è una cosa che faccio spesso, il cielo è, per me, fonte inesauribile di idee, sfumature di colore, dall’azzurro più tenue al blu, dal rosa al rosso, passando per il giallo e l’arancione, senza lasciare da parte il bianco delle nuvole che diventa grigio e poi nero all’avvicinarsi del temporale.

Mi piace osservare da che parte corrono le nuvole, la loro forma in continuo mutamento; il cielo mi da il buongiorno ogni mattina, il tono dell’azzurro che vedo ha il magico potere di decidere il mio umore, più è intenso e limpido e più mi sento serena, ottimista, più si avvicina al grigio e più i miei sensi restano in attesa, all’erta.

Una volta salita sull’autobus che mi avrebbe portata al lavoro, ho provato il desiderio di scrivere, dovevo fermare quello che i miei occhi avevano ammirato, ma una fotografia non avrebbe reso quanto le parole. Così vi regalo questo mio piccolo pensiero, leggetelo e chiudete gli occhi…

25 Aprile in camper

RacconigiSiamo partiti venerdì 22 di pomeriggio, facendo saltare a Matilde il sabato scolastico. Direzione Racconigi per visitare una delle tante dimore reali (dei Savoia) sparse per il nostro Paese. Essendo giorno lavorativo, l’autostrada era parecchio trafficata e dopo le 17 sono aumentati notevolmente i camper, soprattutto in direzione opposta alla nostra; il traffico era comunque scorrevole, non ci sono stati rallentamenti, né code. Siamo arrivati a Racconigi dopo le 19 e l’area camper era deserta, non sorvegliata, abbiamo quindi deciso di spostarci ad Alba, non vicinissima, ma pur sempre una zona che conosciamo abbastanza bene, il parcheggio/area è vicinissimo al centro città e per fortuna i camper presenti erano ancora pochi, al sabato ci sarebbe stata l’inaugurazione di “Vinum” fiera dei vini piemontesi, molto interessante.

Dopo aver sistemato il camper per la notte, vicino ad un altro di “rumorosi” ottantenni, come si sono scherzosamente definiti, siamo andati in centro decisi a cenare al ristorante, avevo un bisogno urgente di “battuto all’albese” che, per chi non ne fosse a conoscenza è carne di fassona, battuta a coltello fino diventare vellutata purea, condita con sale, pepe e olio d’oliva, che anche ad un non amante della carne cruda potrebbe piacere molto.

Così ho pregato Sandro (mio marito e papà della streghetta) di andare al “Vigin Mudest”, ma mi ha ricordato che avevamo anche un altro locale da provare,???, ok, vada per questo, ma essendo stracolmo, c’era da aspettare. Per principio non amo restare ad osservare la gente che cena con la speranza che se ne vadano in fretta, ma quando poi il titolare alla nostra legittima domanda,se avremmo dovuto attendere molto, ha risposto con un:” C’è da aspettare, punto.” Ho alzato i tacchi e me ne sono andata, con tutta la cattiveria che avevo, ho pensato:” Ciccio, io i soldini li ho, sei tu che hai bisogno che io te li lasci, io mangio anche in camper!”, così ce ne siamo andati, non senza avergli consigliato di imparare l’educazione, indovinate un po’? al Vigin Mudest, che con nostra sorpresa ha cambiato gestione ed è diventato L’Inedito Vigin Mudest.

Il locale è stato completamente riarredato ed è stato aperto il piano inferiore, sotto il livello stradale che lascia visibile una parte di muro di epoca romana. Scegliamo neanche a dirlo, di cenare sotto, in una sorta di vecchia cantina; arrivano i menù: insalata di carne battuta all’albese con salsa al sedano, ravioli del plin burro e salvia, brasato al barolo, stinco di agnello e per finire, ravioli al cioccolato fondente con salsa alle fragole e semifreddo ai tre cioccolati con salsa alla menta; il tutto accompagnato da Dolcetto d’Alba e moscato per il dessert. Al momento del conto, invece del solito bicchierino di amaro, ci è stata offerta una zolletta di zucchero conservata in vasi ermetici con alcool e diversi aromi; per papà alla lavanda e per me arancia e cannella: una bomba, che ha lasciato però un sapore gradevolissimo, intenso e persistente, oltre che freschissimo.

Battuto all'albese

Una passeggiata fino al camper e poi pronti per la notte, in compagnia di una decina di nuovi camper che nel frattempo si sono aggiunti all’area di sosta.

La notte è trascorsa tranquilla, per essere un venerdì notte non c’era nessun via vai di auto.

Sabato mattina, da bravi turisti abbiamo fatto colazione in un bar/forno/pasticceria con cornetti e caffè, poi ci siamo recati al mercato contadino con l’intento di cercare il nostro banco preferito dei formaggi; qui abbiamo comprato delle vere e proprie delizie, formaggi di latte vaccino, di capra e di pecora, l’ultimo, una novità ci ha letteralmente lasciati a bocca aperta: un formaggio di pecora alle pere. Temo di non riuscire a spiegarmi bene, il formaggio non contiene pezzetti di pera, ma se lo si assapora chiudendo gli occhi si è presi dal dubbio di gustare una pera e non formaggio. Difficile rendere l’idea, ma la pasta è talmente vellutata e friabile che più si scioglie e più diventa profumata.

Finita la spesa al mercato, siamo tornati a Racconigi per visitare il castello e l’immenso parco di ben 170 ettari. Unica pecca: la guida non molto preparata.

Non sono laureata in storia dell’arte, ma non mi si può venire a dire che sul soffitto della galleria c’erano dei disegni, che forse sono stati cancellati con la calce per via di una probabile peste. Il soffitto era affrescato! Erano affreschi, non banalissimi disegni! Scusate, ma certe cose mi irritano parecchio, e questo era solo un esempio di quanto abbiamo dovuto ascoltare. Chiudiamo però questa parentesi per parlare del vero protagonista di questa giornata, il castello.

Favoloso è dir poco e, data la mia passione sfrenata per il cibo, indovinate un po’ quale parte mi è piaciuta immensamente?

Le cucine! Grandi, maestose, regali insomma. La sala (cucina) si trova al di sotto del palazzo, nel piano interrato, al centro troneggia una enorme stufa “economica”, diciamo l’equivalente di una cucina da ristorante odierno, solo con il funzionamento a legna, il resto della stanza è arredato con griglie, forni, madie, lavelli e ovunque è appeso il pentolame, rigorosamente in rame. Proseguendo nella visita alle cucine, si nota come esistessero locali riservati ad esempio alla pasticceria, alla preparazione della selvaggina e alla stagionatura dei salumi; i frigoriferi, se così possiamo chiamarli, erano addirittura protetti da cancellate chiuse a chiave. E poi ancora, ghiacciaie, cantine ed una stanza interamente rivestita di marmo predisposta per la macellazione.

La cucina del castello

Tutto il resto del castello è perfettamente arredato, la stanza da letto del re Vittorio Emanuele III è la copia esatta della cabina che il re e la regina avevano su un transatlantico (così almeno ci ha raccontato la guida), ogni camera da letto era seguita da un bagno. Poi gli alloggi per gli ospiti, ogni porta affacciata sul corridoio introduceva in un appartamento, la sala delle feste in marmo bianco e grigio affacciata sul grande piazzale retrostante e la scalinata che porta ad una balconata affacciata sulla sala da ballo.

castello di Racconigi

Usciti dal castello siamo passati sul retro, o meglio su quello che erroneamente avevamo creduto fosse la facciata posteriore del palazzo; da qui la vista dell’immenso parco, dal quale giungevano le carrozze che recavano a palazzo i reali o gli ospiti.

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Purtroppo le condizioni del parco sono pessime, come ci ha spiegato la guida che ci ha accompagnati in carrozza, a causa dei tagli del personale, in pratica non se ne occupa più nessuno, il grande prato è un mare di erbacce mezze secche. Sul fondo del parco un’ altra costruzione ci nasconde alla vista le serre, una vera opera d’arte, anche questa abbandonata al suo destino, infatti la mancanza di personale ha reso impossibile la coltivazione di alcunché. La passeggiata guidata in carrozza ci ha fornito scorci del parco e del castello, che passando a piedi difficilmente avremmo notato. Su una riva del laghetto notiamo una costruzione che, come ci viene spiegato, era una voliera, ospitava i piccioni viaggiatori usati per lo scambio di notizie, con il passare degli anni era rimasto un luogo per le passeggiate romantiche, immerso nel verde dei salici, davvero suggestivo.

Terminiamo il giro del parco e cerchiamo una meta per la notte.

La scelta cade su La Morra, dove abbiamo trovato un agricampeggio: una doccia come si deve non ce la toglie nessuno.

La Cascina del monastero è piu agriturismo che agricampeggio, ma abbiamo libera scelta sul punto di sosta e c’è soltanto un altro camper, di certo non ci sarà confusione.

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Cena e poi nanna, non si sente un’auto passare, in compenso lo stagno è più che abitato, rane su rane che gracidano giorno e notte, una piacevole ninnananna che può mutarsi in un vero e proprio incubo, se qualcuno si ferma ad ascoltare.

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Anche questa notte scorre tranquilla. La mattina è fresca e luminosa ed è davvero un peccato lasciare queste zone, soprattutto quando sai che a casa è stato un vero e proprio diluvio.

Ripartiamo alla volta di Nizza Monferrato, ci sistemiamo nell’area camper vicinissima al centro; dopo pranzo facciamo due passi, ma la cittadina è invasa da bancarelle di ogni sorta, ci sono anche quelle che, con nostro grande stupore, vendono animaletti (gerbilli, criceti russi, tartarughine d’acqua e persino cincillà); visitare la città diventa un problema, è troppo affollata, così torniamo al camper per la nostra ultima notte.

L’indomani mattina, con molta calma ci rimettiamo in viaggio verso casa.

Facciamo sosta a Cremona per il pranzo e anche per dare un’occhiata all’area di sosta, in vista di un prossimo week end appena fuori porta.

Rientriamo nel tardo pomeriggio. E’ stato un bel fine settimana, in una zona che conoscevamo, ma che avevamo sempre visto in autunno e che ci ha piacevolmente stupito per i tanti toni di verde intenso.

Alla prossima.

Domenica alternativa

MantovaDomenica scorsa, abbiamo trascorso l’intera giornata a fare i turisti in giro per Mantova, Capitale Italiana della Cultura per il 2016.

I festeggiamenti sono iniziati sabato mattina, con il discorso del sindaco davanti alla Rotonda di San Lorenzo; Mantova, che già da vent’anni ospita il celeberrimo Festivaletteratura, adesso è più che mai città d’arte e cultura. A salutare questo importante riconoscimento, anche lo skyline ritornato alle origini, con la lanterna della Basilica di S. Barbara restaurata (ricostruita completamente) dopo il terremoto del 2012. Ciliegina sulla torta, due giornate piene di sole, con un clima da primavera inoltrata che ha attirato in città migliaia di turisti.

Mercato europeoUn’altra chicca è stata la seconda edizione del Mercato Europeo che si è svolta, come lo scorso anno, in Piazza Virgiliana, bellissimo parco cittadino, troppo spesso lasciato nel dimenticatoio. I vialetti ghiaiosi di questo grande giardino sono stati invasi da bancarelle ricolme di ogni tipo di mercanzia e ghiottoneria: indumenti in lana cotta dall’Austria, gioielli, borse, saponi dalla Francia, sciarpe, foulard, per passare poi ai Brezen di Merano, ai biscotti della Bretagna, spezie da ogni dove, dolci dalla curiosa forma a cilindro dall’Ungheria, nocciole dall’Olanda, poffcake ( come quelli visti a Fontanellato) dal Belgio, liquirizia di ogni forma e aspetto (liquida, in polvere, a pezzi…) pistacchio in barrette e in crema spalmabile, per non parlare poi degli stand gastronomici, presi d’assalto per tutto il giorno; c’era veramente l’imbarazzo della scelta: cucina spagnola con l’immancabile paella valenciana, cucina bavarese con wurstel e crauti, cucina toscana con fiorentine, trippe, ribollita, cucina polacca, belga, passando per porchette e galletti alla brace, qualche infiltrato non proprio europeo come gli stand argentino e messicano, e altre leccornie.

biscotti bretoni

Ovunque ci si girasse c’era gente che mangiava. I tavoli accanto ad ogni stand erano stracolmi, non si trovava nemmeno un posticino piccolo piccolo; per non parlare delle lunghissime code alle casse. Ma non ci siamo lasciati intimorire ed abbiamo scelto quella più breve in uno stand tedesco. Abbiamo scelto prosciutto alla griglia e un piatto misto stinco, prosciutto, costine e arrosto con crauti, patate e verdure grigliate. Porzioni abbondanti e cibo saporito, due birre dalla Repubblica Ceca e una bibita e ci siamo accomodati sul prato nel mezzo della piazza. Ricapitolando: buon cibo, ottima compagnia, location fantastica, giornata radiosa… cos’altro si può desiderare?

Nell’arco della giornata abbiamo incontrato amici, parenti, conoscenti e tra una birra e l’altra abbiamo avuto modo di gustare parecchi brezen appena sfornati: da urlo! (e da ustioni all’esofago J ) Doppio gnamm!

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Prima di rientrare a casa abbiamo fatto qualche spesuccia: biscotti bretoni per sentire meno la nostalgia della Francia e spezie per rimpinguare le mie scorte ormai al lumicino, tra le quali ho trovato una novità (almeno per me), le fave di Tonka, simili nella forma alle mandorle, delle quali hanno l’aroma, mescolato a quello del miele e della vaniglia, si usano grattugiate come la noce moscata e sono consigliate per i dolci, in particolar modo biscotti e frolle, ma anche per le creme; insomma, devo solo trovare la ricetta giusta. Ah, vanno usate in piccole quantità perché l’aroma è molto intenso.

Finiti gli acquisti siamo tornati alle nostre biciclette e siamo tornati sulla ciclabile che ci portava dritti a casa.

E’ stata una giornata in libertà, piacevole e allegra.

E il vostro week end?