Un milione di volte

Photo by Max Laurenzi

Si incontrarono, quando lei aveva deciso di smettere di soffrire, quando aveva chiuso con i sentimenti, quando aveva indossato la più resistente delle armature. Si incontrarono perché il destino fa così, aspetta che tu te la sia fatta passare per torturarti ancora, per far crollare i tuoi più solidi propositi. Era sicura che non si sarebbero più rivisti, che lui avrebbe fatto di tutto pur di non incontrarla. Si era sbagliata, il destino aveva già tessuto la sua trama, non aveva vittime più adatte per quello strano gioco che voleva provare da sempre, di questi due “intimi sconosciuti”.

Così era successo. Un tardo pomeriggio di fine settembre, quando le giornate sono un po’ più corte ed è bello fare due passi in centro con la luce del sole che si avvia al tramonto. Due passi prima di tornare a casa per la cena; due passi non frettolosi per poter dare una scorsa alle vetrine che, oddio!, espongono articoli invernali. Con questo caldo!

Ama camminare con la luce rossastra del sole negli occhi; si incrociano solo sagome scure, si corre il rischio di non salutare qualche conoscente, perché in controluce non si distinguono i volti, ma è così bello lasciare che gli occhi si riempiano di questa luce calda e limpida, per poi alzarli ed immergersi nel cielo blu, da cui qualche stella comincia a fare capolino.

Sono tante le persone che le passano accanto, qualcuna va di fretta, qualcuna trascina l’ombra recalcitrante di un cane che deve annusare ogni centimetro di marciapiede; altre sembrano saltellare, si spostano con passo disordinato da un lato all’altro, sono ragazzi, beata gioventù; qualcuna arriva lentamente, con passo affaticato, magari aiutata da un bastone o appoggiata ad una figura più in forze, una badante, è un bel momento anche per gli anziani, quando c’è meno confusione e il caldo è meno opprimente; sì perché quest’estate sembra proprio non volersene andare.

Poi lui. La sua sagoma inconfondibile. In realtà simile ad altre mille, ma lei la riconoscerebbe ovunque. Non lei veramente, ma il suo cuore che per una frazione di secondo sprofonda nel suo corpo come inghiottito da un buco nero.

Aveva istintivamente rallentato il passo. Anche lui, le era sembrato, ma poteva anche solo averlo immaginato. E poi era ripartita decisa, come i cavalieri che si sfidavano in una giostra medievale.

Si erano incrociati, forse lui si era girato a guardarla, ma lei aveva tirato dritto, non poteva fermarsi, doveva prima riuscire a ripescare il cuore dall’abisso in cui si era tuffato. Lo sentiva battere all’impazzata nelle tempie, nelle gambe che stavano tremando; no, non poteva correre il rischio di svenire davanti a lui, sì, era così che si sentiva, si sentiva svenire.

Aveva proseguito ancora per qualche metro, poi si era voltata, lui era ancora là, fermo, non era girato verso di lei, di sicuro l’aveva riconosciuta; che sciocca!, lei non era in ombra, lei era in pieno sole, certo che l’aveva riconosciuta!

Si era fermata davanti alla vetrina di una caffetteria, ed era stato lì che mi aveva vista.

-L’ho incontrato. Adesso.-

-Tutto bene?-

-Mi manca il fiato, ho il cuore che sta per scoppiare, ma a parte questo sto bene.-

-Ti ha parlato?-

-No, non ho avuto il coraggio di fermarmi, di parlare, ho capito che era lui anche se avevo il sole negli occhi… e poi sono scappata.-

Era stato quel momento che qualcuno si era avvicinato a lei e le aveva posato una mano sulla spalla.

-Ciao…-

Potevo sentire quei due cuori battere furiosamente all’unisono e le migliaia di frasi in attesa sulle loro labbra. Mi sentivo trasparente, li ho lasciati soli.

E così si erano incontrati, guardati. Gli occhi dell’uno persi negli occhi dell’altra, si erano parlati, chiariti, spiegati, avvicinati, sfiorati, toccati e dopo essersi toccati si erano annusati, assaggiati, accarezzati, abbracciati, avvinghiati, assaporati, posseduti fino a non distinguere le loro anime una dall’altra e poi, qualcosa che lei aveva sempre saputo, quello che non era frutto della sua immaginazione, era la voce di lui quella che sentiva adesso:

-…sapevo che sarebbe stato così…-

-Perché?-

-Perché l’ho sognato un milione di volte…-

Photo by Max Laurenzi